La frana del monte Toc, l’attacco terroristico di Hamas, i disastri dei cambiamenti climatici. Quando ci aspettiamo delle implicazioni ma non ne cogliamo la portata.

La storia di ieri ci è stata ricordata molto bene proprio ieri dall’iniziativa della rete Vajonts 23 per il sessantesimo anniversario della tragedia di Longarone.

Riguardo alla nostra insipienza verso il domani è sufficiente leggere le reazioni mainstream alle iniziative giovanili che denunciano il sostanziale immobilismo irresponsabile dei governi sul tema del cambiamento climatico.

Dell’oggi, ancora il 4 luglio Giuseppe Provenzano responsabile esteri del PD scriveva : “È urgente che l’ONU e la comunità internazionale, con l’Unione europea e gli USA in primis, si adoperino per far cessare le armi e riprendere il dialogo tra il Governo israeliano e l’Autorità palestinese e che facciano sentire forte e chiara la loro voce contro gli estremismi, per il rispetto dei diritti umani dei Palestinesi e le garanzie di sicurezza di Israele, a favore dell’applicazione delle risoluzioni dell’ONU”.

Mi auguro che accanto alla drastica condanna per la ripugnante azione di Hamas, la nostra azione diventi più incisiva nel portare avanti quanto dichiarato lo scorso 4 luglio.

È necessario soprattutto far cogliere come occuparsi di questi temi non sia secondario rispetto ai nostri problemi economici e sociali. E non per un motivo meramente ideologico o umanitario. Anche qui basta guardare indietro solo di un paio di anni per osservare come la deflagrazione del conflitto russo-ucraino abbia impattato sul nostro quotidiano attraverso l’aumento dei costi per ogni forma di energia e non solo.

Non possiamo fare come nell’immagine allegata. Muoverci, con la nostra valigia (agenda personale), verso l’ignoto sfiorando i drammi come se fossero racchiusi in un marmo.