In occasione del Forum Lavoro del 17 gennaio 2025 il Gruppo Cultura che ha partecipato attivamente agli incontri ed alle attività preparatorie ha invitato anche ad aderire alla campagna nazionale “Ripartiamo da te” e a quella regionale “ Il PD in Ascolto”, convinti della necessità di coinvolgere tutte le risorse del partito nelle fasi di elaborazione politica ed in tal senso ha apportare un piccolo contributo che qui riportiamo.
Condividiamo e sottolineiamo l’importanza di tutti e dieci i nodi individuati vorremmo solo evidenziare, come peraltro è stato detto nella relazione iniziale, che la strada del baratro del lavoro povero e precario è stata intrapresa quando ha prevalso un modello di sviluppo nato verso la fine degli anni ’90 e che oggi – è evidente a tutti – non funziona, perché genera una crescita bassa, lavoro povero e salari troppo bassi.
Il modello che per essere competitivi bisogna svalutare i salari è durato troppo a lungo. E’ il modello che svaluta il costo del lavoro per guadagnare competitività.
Allora accanto alle giustissime proposte qui avanzate: salario minimo, aumenti contrattuali, sperimentazione di riduzione d’orario, riduzione delle forme contrattuali ecc.. è assolutamente necessario prefigurare un nuovo modello economico che si basi sulla centralità del lavoro e del contributo creativo dei lavoratori. Un modello alternativo all’attuale linearità depauperante costituita dalla sequenza
- Estrarre
- Produrre
- Consumare
- Smaltire
e cioè un modello di economia circolare che faccia leva sulle attività di riparazione, recupero e riciclo, sulla formazione ed innovazione continua.
Localmente abbiamo ricevuto segnali incoraggianti dal mondo produttivo sia dalla componente sindacale (con la maggiore attenzione alle proposte di cui sopra) che da quella datoriale locale (in riferimento al documento unitario presentato agli amministratori comunali l’otto novembre dai presidenti delle associazioni API, CNA e Unione Industriali di Torino).
Vi sono a nostro parere le condizioni affinché ci si faccia promotori per la costituzione di un tavolo di lavoro a cui partecipino insieme a noi istituzioni e parti sociali finalizzato all’individuazione dei punti che possono essere messi a fattor comune.
Nella nostra realtà territoriale il restringimento del peso e del perimetro dell’attività manifatturiera, principalmente legata alle sorti di Stellantis, prima FCA, e dunque alla crisi dell’automotive continua a rappresentare un elemento di debolezza del sistema produttivo torinese. L’industria manifatturiera non configura solamente un bacino occupazionale, ma rappresenta anche uno dei terreni più importanti di innovazione tecnologica; la debolezza dell’industria trascina verso il basso le possibilità di competizione internazionale con ricadute per un intero sistema produttivo.
E’ necessario ripensare lo sviluppo di questo territorio riaffermando la centralità delle politiche pubbliche capaci di far convergere attorno ad una progettualità condivisa i diversi attori economici, con un rinnovato ruolo di direzione dell’attore pubblico, delle istituzioni locali, delle istituzioni della ricerca e della conoscenza.
L’AI rappresenta una frontiera di ricerca ed innovazione con potenzialità di applicazione che spaziano dal settore medico-sanitario, a quello industriale, sino a più recenti sperimentazione dell’AI nel fornire un supporto ai processi di terziarizzazione dell’economia.
E’ in questa prospettiva che si rende necessario avviare un progetto articolato, condiviso con i diversi portatori di interessi, in primo luogo, lavoro e capitale, agito con la conoscenza universitaria e con gli istituti impegnati nella ricerca pura per dar vita ad una Agenzia dello sviluppo, finalizzata a tracciare un’agenda di lavoro e a fornire una direzione al futuro dell’economia torinese. Soprattutto assumere il principio che innovazione, sviluppo e competizione su mercati globali sono inseparabili dalla consapevolezza che la costruzione, o concertazione, di una direzione di sviluppo necessita di regolazione, negli investimenti, nella formazione di sapere, nella distribuzione di ricchezza, nella centralità della ricerca.
Le economie locali che hanno resistito alla sfida della globalizzazione sono quelle in cui il sistema ha accompagnato una differenziazione interna, ma ha trasformato, sotto la direzione dell’attore pubblico, il territorio in una sistema di produzione: una via alta alla flessibilità organizzativa e produttiva in cui le relazioni industriali sono parte integrante di un disegno innovativo. Le imprese in tali sistemi sono collocate all’interno di reti di supporto, per l’accesso al credito, ma anche per le opportunità di trasferimento tecnologico. L’Agenzia per lo sviluppo deve assumere l’obiettivo di invertire una tendenza che vede il nostro apparato produttivo slittare sempre più verso la prevalenza di imprese di ridotte dimensioni.
Occorre assumere la crescita dimensionale dell’impresa come un “obiettivo di sistema”, ciò sarebbe in primis un motore di crescita e consentirebbe di restituire al lavoratore e alle lavoratrici la dignità che spetta loro, riconoscendo in modo equo la ricchezza da essi prodotta. Su tutta la società ricadrebbero i benefici economici aumentando i parametri stabiliti dal BES.